BlackBox, da Melbourne arrivano storie di design e innovazione mai raccontate prima

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Questa è una di quelle storie che mi piacciono tanto. Fatta di nuove conoscenze e scoperte. Incominciamo da Ian Wong, lui è il direttore del Master in Disegno Industriale alla Mada Monash University in Australia. Ha avuto una grande idea, una visione che diventa nitida attraverso la tecnologia; lo incontro e subito mi racconta della Scatola Nera, si proprio quella che registra i dati di volo degli aerei e mi chiede “lo sai che è stata ideata a Melbourne negli anni ’50 da David Warren? So che si chiama così nonostante il suo colore originale, l’arancione ma la provenienza mi sfuggiva. Bastano poche battute per realizzare che dall’altra parte del mondo c’è un’altra culla del design ed è proprio la città di Melbourne. Gemellata da oltre dieci anni con Milano non poteva che scegliere la capitale italiana della creatività per allestire una mostra-progetto che sembra voler essere una raccolta di informazioni testuali e visive sul design australiano, una sorta di archivio storico interattivo al servizio del futuro. Fino al 14 maggio alla Fabbrica del Vapore rimarrà allestita questa insolita rassegna che vi consiglio di non perdere. E allora armatevi di smartphone, attivate il bluetooth e entrate nella griglia.

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Come al solito devo curiosare in anteprima e mi metto in disparte ad osservare i lavori di allestimento della location che ospiterà l’evento ma non rinuncio a carpire qualcosa sul cosa e sul come. Tutto torna, Milano perché gemella di Melbourne, Black Box perché raccoglie dati in una sorta di pattern che produce immagini e testi, Australia perché anche li c’è design. Prima una spiega poi la prova, scarico la app sul cellulare, lo avvicino a una piccola scatola, nera ovviamente, dove all’interno di un incavo è posizionata una piastrina metallica. e mi si apre l’universo dell’australian design. Dal mio cellulare posso vedere immagini e leggere storie, Ian mi dice: ormai un oggetto posato in una teca è un concept superato e poi trasportare in aereo una quantità di oggetti non è certo una pratica eco-friendly”.

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L’allestimento invita i visitatori a entrare in un layout che ricalca la Hoodle Grid, è definita così la disposizione delle strade del centro di Melbourne, dove steli di metallo sorreggono le piccole scatole che grazie alla tecnologia bluetooth conducono box by box alla scoperta di invenzioni e brevetti made in quinto continente. Per fare un esempio non ricordavo che il processo di refrigerazione  meccanica per la produzione di ghiaccio, inventato nel 1851 da James Harrison, provenisse proprio da li. Pensare che ancora oggi in tutto il mondo si mantengono gli alimenti in frigoriferi che utilizzano questo processo, un esempio è il modello retrò della Smeg.

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L’elenco però è molto lungo, tra le invenzioni autoctone troviamo anche la Stubby, dai che la riconoscete, impossibile non averla incontrata almeno una volta in tavola. Creata dal reparto confezioni in vetro della Australian Consolidated Industry nel 1854 è ancora oggi tra le più diffuse. Thomas Williams Sherrin invece, nel 1859 forte della sua esperienza nel riparare le cuciture dei palloni da rugby decise di ideare una palla decisamente più resistente e più adatta al gioco grazie alle sue estremità ovali, anche questa made in Australia. A partire dal 1927 la Moulded Products di John Derham introduce nuove tecnologie per la fabbricazione di prodotti in plastica e qui nel 1966 Lionel Suttie si inventa la pattumiera basculante Nylex, il coperchio ad apertura a spinta la rende ancora oggi pratica e funzionale.

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Mi sembra quasi di ritornare indietro di circa un anno quando al Triennale Design Museum furono allestiti i 1000 oggetti senza nome di Franco Clivio. Oggetti di uso comune che senza accorgerci hanno cambiato le nostre abitudini, migliorandole. Proprio da qui scopro una creatività sorprendente anche per quanto riguarda il design per il living. Si narra che Grant Featherstone nel piegare un biglietto del tram innescò una scintilla creativa che lo portò a ideare la Contour Chair conosciuta nel mondo come vasca sedia R160. Talmente attuale nella sua forma accogliente che continua ad essere prodotta da Gordon Mather Industries.

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Dagli anni ’90 ad oggi, un’infilata di complementi e oggetti d’arredo iconici australian native si affacciano alla vetrina del design internazionale. Il buco nell’ozono e la salvaguardia dell’ambiente impongono cambiamenti che ispirano fortemente la pratica della grafica e della produzione industriale del paese. La forsennata ricerca di materiali plastici da riciclo da parte dei produttori lascia spazio con decisione a un nuovo ed emergente concetto di ecodesign. Le lampade da tavolo Madame Ruby di Celina Clark e Simon Christopher dimostrano come sia possibile utilizzare brillantemente gli scarti di lavorazione degli indicatori luminosi delle auto. Ricerca dei materiali e sostenibilità anche nei progetti di Marc Pascal  che tra il 1994 e il 2013 produce le lampade Worvo Lamp e Xploff. La prima, da terra, continua ad essere un modello di ricercatezza e innovazione; la seconda, da tavolo, sfrutta invece il potenziale delle fonti luminose a Led.

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Ma c’è un altro racconto che mi colpisce. Si narra di una calda giornata estiva a Melbourne, mentre tutti erano al mare, Adam Cornish ultimava il prototipo della sua fruttiera da tavolo Trinity Bowl. Ispirata alla conchiglia di strombo nessuno avrebbe potuto immaginare che in poco tempo sarebbe stata catapultata sulla ribalta mondiale. Concepita per essere prodotta con taglio a laser viene venduta dal 2013 da Alessi, eccellenza nostrana per la quale il designer ha sviluppato un’intera linea.

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E comunque, non so se sapete anche questo ma l’occhio bionico è stato inventato a Melbourne. Non resta quindi  che dotarsi di mobile device e app e raggiungere questa mostra interattiva e sorprendente, ci sono ancora un paio di giorni di tempo. Noi invece ci rivediamo la settimana prossima con Funk Design.

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