Le ricordate quelle estati che… ?

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Le ricordate quelle estati che arrivavano cariche di aspettative? Quelle in cui prima di partire il pensiero fisso non era tanto preparare la valigia, ma registrarti dalla radio una marea di audiocassette con tutte le hit del Festivalbar, per ascoltarle con il walkman, dalla macchina, all’aereo, alla spiaggia, sperando che sarebbe arrivato, prima o poi, il momento di cedere uno degli auricolari, magari sotto le stelle, magari proprio al momento della tua canzone preferita, quella romantica, quella del primo bacio?

Le ricordate quelle estati in cui ti auto-convincevi di essere stanca, prima di diventare davvero adulta e dare un nuovo significato al concetto di stanchezza?

Le ricordate quelle estati dove la massima trasgressione era il falò di ferragosto sulla spiaggia, l’unica sera in cui ti era concesso di rimanere alzata di più, e magari in giro da sola per il villaggio o il paese di mare. Quelle estati in cui “quelli più grandi”, con la chitarra in mano, esercitavano un fascino che nemmeno James Dean ai tempi d’oro, e li rivedessi oggi, inquartati, con la pelata, e due bambini in braccio, avrebbero comunque il medesimo fascino. Di una Wish you were here sbiascicata e scordata, con un inglese inventato a caso, che, eppure, suonava così esotico.

Le ricordate quelle estati in cui la massima condivisione tecnologica consisteva nella Kodak usa e getta? Sì, quella con la rotellina da girare e il rullino da 36. Da consumarne almeno due per ogni vacanza, per poi tornare a casa, piena di aspettative, portarle a sviluppare e scoprire che più che segni di macchie sbiadite non erano venuti, e no, alle tue amiche “il bagnino figo da paura” non saresti riuscita a mostrarlo.

Le ricordate quelle estati che “per andare al bar della spiaggia mi rivesto o mi metto il pareo”, perché se poi mi vede in costume il sosia di Nick Carter dell’ombrellone 46D che figura ci faccio?

Le ricordate quelle estati in cui la massima trasgressione era riuscire a farsi prendere da qualcuno di più grande una Corona al bar e gustarla di nascosto, come fosse nettare degli dei, uscendone stordite che oggi, in confronto, nemmeno 3 gin tonic?

Le ricordate quelle estati in cui in spiaggia si andava con gli short di jeans tagliuzzati storti con le forbici da cucina prima di partire dalla città e aggiungendo tocchi di stile sfregando con la pietra pomice per assomigliare agli idoli di Beverly Hills 90210 e Dawson’s Creek?

Le ricordate quelle estati in cui iniziare a piangere il giorno prima di tornare a casa era d’obbligo. Quelle estati in cui ti innamoravi così tanto da farti scoppiare il cuore, da pensare che non ti saresti ripresa mai più. Le estati dei sentimenti totalizzanti, delle farfalle nello stomaco, delle chiacchiere sommessa con le amiche alla ricerca di quelle prima confidenze sul sesso di cui non avresti mai osato parlare con nessuno.

Le ricordate quelle estati in cui ti facevi scrivere sulla Smemo una dedica dagli amici conosciuti in spiaggia e loro, a margine, ti lasciavano anche il numero e l’indirizzo di casa? Per ricevere una cartolina dal tuo futuro viaggio e per sperare in una tua telefonata, filtrata dai genitori e dagli imbarazzati “sono un’amica di suo figlio”.

Le ricordate quelle estati che sapevano di Bilboa alla carota, perché la concorrenza, in merito alla creme solari, non era ancora così alta. E quella tipa strafiga con il costume sgambatissimo sdraiata sulla spiaggia bianca ce la ricordiamo tutti.

Le ricordate quelle estati in cui il pomeriggio per non stare sotto l’ombrellone al caldo lo passavi al bar della spiaggia ad osservare “i maschi” giocare a ping-pong e ti sembrava la maggior dimostrazione di atletismo e virilità insieme?

Le ricordate quelle estati in cui la notte di San Lorenzo era attesa quanto la venuta del Messia? Fantasticando su che desideri esprimere e su come fare in modo si potessero realizzare pochi minuti dopo.

Le ricordate quelle estati in cui i giri al mercato del paese con mamme, nonne e sorelle vi sembravano il momento di shopping più entusiasmante che nemmeno il primo giorno di saldi in Montenapoleone?

Le ricordate quelle estati che….Cornetto o Solero Algida?

Le ricordate quelle estati in cui andavano di moda, stagione dopo stagione, degli improbabili braccialetti colorati? Una volta con i fili di cotone, una volta di gomma, una volta di plastica rigida. E allora ce li si scambiava sotto l’ombrellone e si giocava a chi ne aveva di più, o si improvvisavano le bancarelle fuori dagli ingressi dei Bagni.

Le ricordate quelle estati, insomma, in cui si era felici delle piccole cose. Senza gonfiabili a forma di unicorno da esibire in piscina, senza foto per Instagram da scattare, senza filtri anti-occhiaie, senza l’ansia da Social-condivisione, senza le paranoie, senza i nuovi incontri e i vecchi ritrovamenti, di chi ti chiede perché a 31 anni non hai ancora almeno un marito, due figli, un cane e una casa con il giardino. Senza l’ansia di dover comunque tornare al lavoro e allo stress in breve tempo. Senza diete, prova costume, l’abbonamento della palestra che aspetta. Le estati con la famiglia, con gli amici di sempre, con quelli che ti porti nel cuore tutta la vita, anche se magari li perdi di vista. Le estati dei primi amori in cui credi fermamente, e che in qualche modo segnano il tuo percorso sentimentale futuro (e questo non sempre è un bene, lo ammetto).

Le ricordate, poi, quelle estati come queste. Quelle da trentenni che partono nostalgiche (non a caso ho scritto questo post), e poi si rivelano le migliori di sempre. Perché vissute senza preconcetti, senza troppi sogni, senza aspettative, senza favole a risuonare nella testa. Sono le estati delle troppe sigarette, del vino a cena e del caffè con amaro dopo cena. Le estati in cui hai voglia di stare con gli amici di sempre e con la famiglia, e restringere il nucleo delle nuove conoscenze a quelle per cui davvero vale la pena di mettere in gioco cuore, testa e parole. Sono le estati dei libri che non hai mai il tempo di leggere sotto l’ombrellone, di Netflix la sera in casa o in albergo, che non sempre si ha voglia di uscire e fare “la bella vita”, a volte basta solo staccare il cervello. Sono le estati in cui quella volta che vai a ballare ti sembra di esserti fatta un regalo, e la mattina dopo ti svegli sorridendo, con la bocca impastata e maledici la difficoltà di superare un hang-over. Sono le estati da playlist schizofreniche da ascoltare direttamente dal tuo smartphone, ma con lo stesso spirito con cui ascoltavi quelle sul walkman da adolescente. Sono le estati in cui osservi le dinamiche dei ragazzini a pochi passi da te, con il sorriso, perché in fondo, passano gli anni, cambia tutto, ma per certe cose, certi sguardi, certe ciocche di capelli spostate dietro le orecchie, certe dimostrazioni di virilità con i tuffi in piscina giusto per farsi notare, ecco no, su quello, non è cambiato proprio niente. Ed è rassicurante pensare che probabilmente non cambieranno mai.

Le ricordate quelle estati che sono state, e saranno, belle di quella bellezza che si chiama semplicità.

 

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