Single a (quasi) 30 anni

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Single a (quasi) 30 anni. Prima di scrivere questo editoriale ci ho riflettuto molto, giusto qualche sera fa, in un locale con le amiche, si ciarlava delle infinite potenzialità che le nostre disperate storie d’amore, vita e lavoro, potrebbero avere raccolte in un romanzo. Dunque perché bruciarsi un potenziale titolo per un semplice editoriale qui su MOMA? Beh perché il titolo non sarebbe stato creativo a sufficienza per il futuro best-seller destinato a fagocitare le 50 sfumature di tutto, dunque, piuttosto che niente, vediamo come reagite e introduciamo l’argomento quassù, nell’unica rubrica tutta mia-tutta mia rimasta sul blog (lo preciso giusto per far scivolar via ogni responsabilità delle mie parole a venire dai miei amati contributor, che sono di certo persone più a modo di me).

Rimasta single alla soglia dei 30 anni. Potrebbe essere un ottimo incipit per uno di quei annunci sulle rubriche del cuore, quelle in cui scrivono i disperati veri, che si fidanzerebbero anche con Mariangela, la figlia di Fantozzi, pur di non rimanere soli a combattere con tutti i problemi che comporta il rimanere, appunto, da soli. Come scrivevo qualche giorno fa su Facebook ho riflettuto molto in questo periodo sul concetto di solitudine, ci ho riflettuto perché sono stata costretta a farlo da cause di forza maggiore, e devo dire che, come in tutte le cose, ho trovato degli aspetti positivi e negativi.

Mentre le timeline di ogni Social sono invase da fotografie di amici che si sposano/fanno figli/si sposano con i figli precedentemente nati/sbandierano sbrillocchi di fidanzamento tu puoi tranquillamente berti una birra, con il pigiama meno sexy del mondo, guardarti una caterva di film idioti senza sentire nessun brontolio di sottofondo e fare lo stesso con tutte le puntate di Sex And The City, dall’inizio della prima stagione. L’aspetto “wow” della faccenda è quando ti ritrovi con le migliori amiche nella stessa situazione e dunque si crea una sorta di club alleanza segreto ed esclusivo, su Whatsapp, ovviamente. Ecco, il nostro gruppo è vietato ai minori di anni 18, perché ce lo siamo imposte come limite…Scherzo, è vietato in realtà ai minori di qualsiasi età probabilmente, perché l’uomo medio, di qualunque età, non capirebbe.

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La domanda che ci si pone a vicenda più spesso è “Ma uno normale, no?” Perché diciamocelo, a me questo “ritorno su piazza” ha sconcertato non poco. Dopo tanti anni passati insieme ad una persona senza mai nemmeno avere per l’anticamera del cervello il pensiero che esistessero ancora altri individui di sesso maschile, mi ritrovo catapultata in una realtà completamente diversa, intanto non ho più 24 anni ma (quasi) 30, le esigenze sono cambiate nel corso del tempo. Solo per me evidentemente. Perché se osservo i miei coetanei single sembrerebbe quasi di esser rimasta ferma ai 24. Con i neuroni che sbatacchiano da una parte all’altra chiedendosi “C’è nessuuuuno?”.

Ma no, non volevo scrivere un post femminista, anzi, non volevo scrivere un post contro gli uomini. Perché sono sicura che da qualche parte nel mondo ne esistano ancora di validi, e non escludo nemmeno a priori che un giorno uno posso capitare sulla mia strada. Però ecco, almeno lasciatemi sfogare. Perché il “sesso forte” è strano, uomini in lettura ammettetelo.

Ci sono quelli fidanzati-in-crisi, che però non sanno come lasciare la compagna storica, che intanto probabilmente li sta tradendo con tutto l’ufficio, il proprio e il limitrofo. Sono combattuti con l’idea di seguire la strada pre-impostata che amici e familiari ormai si aspettano da lui e mandare, invece, affanculo tutto per godersi quella vita che non si sono mai goduti. Sono paranoici, ti scrivono agli orari più improbabili, quando hanno la certezza di non essere sgamati, probabilmente ti memorizzano sugli smartphone come “Donna delle pulizie”. Ti danno gli appuntamenti ad orari fissi, dalle 22 alle 23, non un minuto in più non un minuto in meno, come dall’analista, solo che, alla fine, sei tu che finisci per fare da analista a loro.

Ci sono gli eterni-Peter-Pan, che credono di avere ancora 20 anni e di poter andare in discoteca 7 giorni su 7 senza mostrare evidenti segni di deficit fisico e mentale già al lunedì pomeriggio. Bevono, fumano, si fanno le canne. Ti mandano i messaggini con più emoticon che parole, salvo poi condividere frasi di Gandhi su Facebook per mostrare al mondo che dietro all’animo da re della notte c’è anche della sostanza. Sì, della sostanza stupefacente. E non nel senso che tu riesci davvero a rimanere stupita dalla loro personalità.

Ci sono i lasciati-da-poco, gli unici con cui provo empatia in questo momento (dai, almeno l’empatia mi è rimasta), combattuti tra crisi di nervi, crisi di pianto, voglia di divertirsi, insicurezza. Sono quelli che andrebbero allontanati maggiormente e quelli che finisci per frequentare di più perché di base sono innocui e dunque non ammorbanti/pericolosi, ma, alla fin fine, come con i fidanzati-in-crisi, anche la semplice uscita serale con birra e cinema si trasforma in una seduta di analisi. E tu che eri partita carica come Samantha in una qualsiasi puntata del Sex And The City di cui sopra, ti ritrovi a battergli pacchette sulla spalla dicendo “Andrà tutto bene”.

Ci sono i mi-voglio-sposare. Pericolosissimi. Non si sa perché sentono il bisogno di procreare in fretta e metter su famiglia. Sono arrivati quasi al ‘ndo cojo cojo pur di trovare una da impalmare e portare all’altare nel giro di pochi mesi. Hanno già organizzato la futura vita della virtuale compagna, hanno una casa abbastanza grande in cui chiederti di andare a vivere, hanno già una macchina familiare che non si sa mai, tengono in allerta i genitori con un “appena riesco vi porto a pranzo una ragazza domenica”. Alla fine o ne trovano una allo stesso livello di disperazione, o lasciano perdere.

Ci sono quelli dei piedi-in-due-scarpe. Ma anche 3, 4 o 5 all’occorrenza. Hanno un’agenda che neanche Belen, si barcamenano con più storielle contemporaneamente e non sanno farlo nemmeno troppo bene, perché te ne accorgi subito dallo stato dei suoi addominali che il martedì, giovedì, venerdì e domenica non può essere realmente in palestra ad allenarsi. Quindi probabilmente in palestra dovrà iscriversi davvero nel momento in cui la smetterà di uscire con una diversa ogni sera offrendo e bevendo birre e bicchieri di rosso a pioggia.

Ci sono quelli del voglio-viaggiare. Ah bello, non è che mi tieni tutta la sera a raccontarmi di quanto sia stato fantastico cenare con scarti di panini e birra con un barbone accampato sulla spiaggia di non so dove. O di quanto sia stato illuminante il Cammino di Santiago e di quante piaghe ti abbiano procurato gli scarponcini da treccking, mentre, sfidando i tuoi limiti fisici, cercavi di far quadrare il cerchio della vita. A L-A-V-O-R-A-R-E! Che c’abbiamo anche un Paese in crisi da tirare su, e tocca a noi trentenni ormai.

Ho scoperto che noi donne siamo molto più decise e concrete. Non che non lo sapessi già, ma diciamo che ne ho avuto conferma. Non necessariamente vogliamo il principe azzurro, perché tanto quello, l’unico, se l’è già preso “quella gran culo di Cenerentola” (cit.), quello che vogliamo sono conversazioni stimolanti, risate sincere, ironia, divertimento disimpegnato, una passeggiata, una cena al ristorante (non quello sotto casa collaudato, cerchiamo di osare va), attenzioni né eccessive né inesistenti, una via di mezzo basterebbe. Vogliamo che a domanda segua risposta, senza due giorni di silenzio riflessivo, vogliamo che gli uomini non pensino per forza che dietro ad un semplice: “che fa, ci si mangia una pizza insieme?” si nasconda un disegno superiore fatto di altare e anelli in oro bianco. Le (quasi) trentenni come me, quelle che lavorano, si fanno un mazzo quadro, inseguono sogni, lavorano e studiano, aiutano la famiglia, cercano di realizzarsi, avranno sicuramente un sacco di difetti, e io stessa me ne riconosco davvero un’infinità, ma una cosa la fanno sicuramente: vivono. E voi, maschietti, state vivendo davvero? Io aspetto che veniate a raccontarmelo e dimostrarmelo.

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