Con i tuoi occhi: tecnologia senza filtri

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Con i tuoi occhi. Una provocazione che giunge all’improvviso quella di raccontare il mio rapporto con la tecnologia e come questa abbia modificato il mio stile di vita. Difficile da raccontare per una blogger, una che vive sempre e perennemente connessa, una che che è connessa per mestiere, di fatto.

Chi mi conosce poco rimane solitamente basito dal mio rapporto con la tecnologia, smartphone sempre in mano, per fare tutto. Facesse anche il caffè probabilmente prenderei anche quello direttamente da lì, e non è detto che prima o poi non si arrivi a questo punto. Chi mi conosce bene, invece, sa che il mio rapporto con la tecnologia, pur essendo viscerale, rimane strettamente legato all’ambito lavorativo e che ogni occasione che, nella vita reale, mi si presenti diretta ed emozionante fa completamente sparire dalla mia testa qualsiasi device.

Oggi utilizziamo smartphone, macchine fotografiche, tablet e pc per qualunque cosa. Per rubare uno scatto ai nostri amici che si sposano e condividerlo sui Social, per immortalare gli aspetti più significativi di una vacanza, una cena, un compleanno, e non c’è niente di sbagliato in questo. Non c’è niente di sbagliato fino a quando il mezzo tecnologico rimane, per l’appunto, un semplice mezzo per avere la possibilità di fermare in pochi istanti un ricordo, cristallizzarlo, e poi riporre in tasca o in borsa il mezzo stesso e tornare a godersi la realtà di ciò che sta accadendo. Mi piacciono le mezze misure nella vita, e se mi mettessi di punto in bianco a demonizzare quella stessa tecnologia che ogni giorno mi permette e mi da modo di lavorare, sarei un’ingrata.

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Eppure ogni tanto essere unplugged è necessario. Spegnere tutto. Fare in modo che la tecnologia rimanga un mezzo per applicare filtri, al momento opportuno, e non sia essa stessa un filtro per la vita.

E lasciarsi avvolgere dalla magia di un concerto, ad esempio, e cantare a squarciagola. Dimenticare lo smartphone in borsa e trovarsi immersi in una conversazione interessante, ridere fino alle lacrime, commuoversi, stare anche in silenzio, volendo, senza che “l’ultimo orario di connessione” abbia alcuna importanza. La vita vissuta dietro uno schermo fatto di pixel non ha senso, molto meglio guardare con i propri occhi e sognare con la propria testa, la tecnologia è un mezzo in più, un aiuto, ma non può e non deve sostituire un ricordo.

Può sembrare un discorso banale, e può anche infastidire. In molti starete pensando, punti nel vivo, che anche se fotografate qualunque cosa con il vostro smartphone, non è vero che non conservate bei ricordi nel cuore. E questo nessuno lo mette in dubbio, ciò che si discute è la differenza del vivere il momento in sé per sé. E della capacità di raccontarlo dopo, senza nessun filtro fotografico da applicare, solo con le parole, o anche stando in silenzio.

Se una famosa citazione degli ultimi anni recita “We are what we share” – Siamo ciò che condividiamo – riassumendo perfettamente la presenza della tecnologia nella nostra vita – si dovrebbe cercare di tornare al “We are what we are” di Anne Bishop. Siamo ciò che siamo, e quello che condividiamo è una estensione, un “al di fuori di noi”, che non potrà mai sostituire la bellezza e la concretezza della vita reale. Con i tuoi occhi.

Con i tuoi occhi è anche il titolo del terzo cortometraggio di Wind, diretto da Giuseppe Capotondi, che vuole esplorare proprio il rapporto con la tecnologia, riassumendo in pochi minuti l’importanza di un piccolo gesto come quello di spegnere il telefono e abbandonarsi alla vita.

E i vostri occhi, cosa vedono?

Buzzoole

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