Siamo Sfatti così

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In quest’ultimo semestre di comunicazione targata Expo 2015 me ne sono arrivate di ogni genere e specie, posso dire di aver visto cose che voi umani…. davvero di tutti i colori. Ma l’invito a una mostra da parte di un microbo, mi ha davvero sorpreso. Nulla di più azzeccato però per anticipare quanto accadrà tra sabato 24 e domenica 25 allo Spazio 36 di Milano, in un’ironica e provocatoria storia di cibo raccontata dalle viscere dell’apparato digerente.

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Memoria evocativa subito in modalità on. Un balzo improvviso nella mia epoca teen. Nell’ordine riaffiorano prima Viaggio Allucinante, film di fantascienza di Robert Fleischer, la sconfitta del male all’interno del corpo umano mediante miniaturizzazione, scoperto leggendo il libro di Isaac Asimov; poi i più leggeri e simpatici globuli bianchi e rossi protagonisti della serie animata Siamo fatti così.

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Fino a qui ho scherzato, in questa occasione non possiamo certo dire di essere fatti così, piuttosto Sfatti Così, come ci vuole il titolo di questa esposizione/avventura; in questo modo la definisce Mauro Di Vito, storico della scienza e dell’arte: “È lo spettatore stesso che si disfa, digerito dalla saliva dei solventi, dal cinismo dei denti e dai succhi gastrici che lo divorano, sciogliendolo. È la rude e indigesta spazzatura che ogni giorno ci colpisce e dalla quale vorremmo essere salvati”. Non ci resta che assumere le sembianze di un microbo per essere ingeriti e iniziare il viaggio nell’apparato digestivo attraverso le opere dei 12 fumettisti di Pseudostudio partendo dalla bocca per poi…..la fine è nota.

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Se il mondo va nutrito dovrà poi anche digerire e allora via, relazione e interazione accompagnati da mascotte e musica di Francesco Abrignani, un organo per ogni artista che esprime il personale concetto di cibo per il corpo e per la mente. Mauro Magni per la gola pensa a Pane Quotidiano, la sintesi dell’uomo in un cranio che si alimenta di blister per medicinali e droghe luccicanti che rendono compulsiva ogni azione del consumatore. Luca Usai continua On the road per le vie dell’esofago che porta allo stomaco passando vicino al cuore. Per l’autore è una autostrada affollata di camion per il trasporto di alimenti. Emissioni di gas di scarico dovute a regole meramente economiche. Potremmo tutti usare acqua proveniente da fonti vicine a casa nostra, e invece no.

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Andiamo sul difficile e arriviamo a Antropoauruspicinia di Fabio Folla. Opera digitale su forex con videoproiezione, rappresenta la mitologia simbolica del fegato, lo vede come sede degli istinti e dell’inconscio che immagazzina tutti i segreti del nutrirsi. Qui si nasconde il lato oscuro della produzione industriale, una discesa nell’inferno da incubo che impone il ribaltamento tra corpo dell’animale e corpo dell’uomo che se ne ciba. Lo Stomaco è raccontato da Vorticerosa, “Anche se mi piaci, lui non ti vuole, ma troverò un modo per farvi stare insieme, in pace”. Poche parole per un concetto molto chiaro.

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La Cistifellea è protagonista del gioco di parole scelto da Gianfranco Florio e che si basa sull’assonanza, C’è sta falla. Quest’organo immagazzina la bile che attiva ogni processo digestivo, quando l’alimentazione non è sana non ce la fa e genera calcoli. È la metafora delle politiche di accoglienza fallimentari, è il malfunzionamento della digestione analogia del rifiuto di presenze estranee. Per arrivare al Pancreas il passo è breve. Chiara Tesser pensa ai danni causati dall’eccesso di alcol. Bevo dunque sono, quello che si pensa poter essere un rimedio al mal di vivere è invece omologazione cieca di fronte alle conseguenze.

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Alta cucina, aspetto visivo, impiattamento e chef stellati, un continuo e ininterrotto delirio che riduce il tema del cibo a uno show. Digestione e cattiva digestione ci conduce nel duodeno con il lavoro di Raffaele Riccioli. Lì dove gli enzimi iniziano una nuova fase, si dimenticano i dubbi sulle risorse per il futuro, le criticità delle produzioni di massa, l’impatto sull’ambiente e la salute, in un oramai radicato atteggiamento snobistico. Il tortuoso tracciato dell’intestino tenue è esplorato da Marina Scognamiglio; il lungo e buio labirinto, diventa il tunnel candido e policromo dei sotterranei di un grande ospedale. Strada a senso unico per salvezza o condanna, Ventre della sanità è il luogo di liberi accessi e mortali divieti, è l’incontro paradossale della razionalità e delle passioni, lungo il cammino della vita.

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Per Alessandro Mazzetti una tappa decisiva. Il colon è l’ultimo tratto in cui si può ancora esser scelti per non essere scartati. I casi sono due o assimilazione oppure l’oblio. Rifiuto racconta dell’abisso buio dove non conviene essere troppo sicuri, si può cadere sempre più in basso, sempre più a fondo. Al riassunto di tutto questo grande processo ci pensa Erika De Giglio che con Storia di una vita rappresenta il Sigma dove è l’uomo ad essere prima masticato poi sciolto e condotto verso la fine. Equivale alla sofferenza nella vita, dalla nascita fino alla morte.

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Grandi masse affamate che si spostano verso territori ricchi hanno l’aspetto di scheletri nell’Appendice di Fabiano Ambu. Camminano e finiscono nel baratro filtrati da questo organo che li inghiotte fermando il loro viaggio, azzerando ogni speranza. Si ostruisce e si infiamma fino a causare la morte, dando volto alla società del rifiuto. Ok è la fine, c’è Francesco Abrignani, con Unico scarto rilevato ci avviamo verso l’espulsione attraverso il retto. Con sorpresa troviamo il cervello che sta per cadere come se fosse una pallina di un flipper. Le mode salutiste e le diete esotiche fanno si che l’unica cosa che sputiamo fuori è l’equilibrio.

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Per Fabiano Ambu, curatore della mostra, Sfatti Così è un gioco divertente, è riflessione sul nutrimento, sono gli organi come metafora della vita, è la digestione di tutte le ansie che ci restano addosso ogni giorno, è un viaggio sensoriale attraverso un apparato, dove gli unici elementi che riescono a sopravvivere sono i microbi. Siamo noi, espulsi come scarti, salvati dall’assuefazione morale e cerebrale. Contemporary mood vi da appuntamento alla prossima storia.

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