Di Clio Make Up e Giovanni Veronesi, quando i microfoni andrebbero spenti in tempo

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La notizia ha tenuto vivo il Web per tutto il weekend, viaggiando di pari passo con l’elezione di Mattarella a Presidente della Repubblica Italiana, la nota vlogger, youtuber e make up artist Clio Zammatteo, in arte Clio Make Up, è stata presa di mira da Giovanni Veronesi (sì, il noto regista e sceneggiatore e conduttore radiofonico), durante l’ultima puntata del suo programma “L’Italia non è un paese per giovani” su Rai Radio 2. Il Veronesi, colto da non si sa quale delirio, ha definito Clio “cicciona”, un epiteto offensivo, oltremodo ingiustificato e ingiustificabile e soprattutto STUPIDO. Cicciona è l’appellativo che i bambini nella loro crudeltà mascherata da innocenza danno ai compagnucci di classe all’asilo/elementari/medie, cicciona è una di quelle parole che rimane in bocca da adulti a chi non si è mai preso un ceffone da piccolo dopo averla detta, cicciona è una di quelle parole usate a sproposito troppo spesso e ogni giorno.

É grave in generale, ma diventa veramente aberrante quando a “farsi scappare” una stronzata del genere (perdonate il francesismo) è uno come Veronesi, che ha intitolato il suo programma “L’Italia non è un paese per giovani” e che ha diretto numerosi film in cui si delineano complessità di rapporti sentimentali e familiari. Ecco come, una persona che consideravo intelligente, può scadermi in due secondi netti. Lo “stronzata” che mi è scappato poco fa, può effettivamente scappare, ma un “cicciona” detto fuori contesto ad una ragazza che si è costruita da sola lavoro e successo, una ragazza che ha milioni di giovani e giovanissime che la seguono e la supportano, una ragazza che pur vivendo all’estero cerca di tenere alta la bandiera della sua origine tricolore, ecco, no, non può scappare.

Sono stata una bambina e poi una ragazzina additata come “cicciona”. E se vogliamo proprio attaccarci all’etimologia e al significato, lo ero, lo ero eccome. Ciò non toglie che la presa in giro, anzi, l’insulto, faccia male. Perché se te lo senti dire una, due, tre, quattro volte in un giorno, diventa l’unico appellativo in grado di rimbalzarti in testa, molto più dei “brava” detti dalla maestra. Sono stata, fortunatamente, una ragazzina fortunata, molto fortunata, e ho avuto la possibilità di ragionare e scegliere, scegliere un dottore a cui affidarmi, scovare problemi di salute che mi portavano (e mi porteranno tutta la vita) ad ingrassare e soffrire di peso yo-yo. Sono stata fortunata perché ho incontrato gli amici giusti al momento giusto e allora non è più importato quanti chili avessi in più o in meno, ma solo come sapessi utilizzare le mie capacità, le mie abilità, il mio cervello, e brillare di autostima in un senso ben più profondo di quello fisico, ha fatto in modo che l’accettazione arrivasse anche per quel lato lì. Quello per cui per i decerebrati sarò sempre una cicciona, quello per cui per il mio meraviglioso fidanzato sono la donna più bella del mondo, quello per cui le aziende di moda vogliono catalogarmi come curvy per vendere di più e far credere che l’accettazione di sé parta da un vestito.

Ho seguito la vicenda con misto di fastidio e sgomento, chapeau per la reazione di Clio, che con molto fair play ha risposto a Veronesi sulla sua Facebook Fanpage, lanciando poi l’hashtag #forsecicccionamasicuramentenonstronza. Il popolo del web e tutte le sue fan l’hanno seguita, con il risultato di essere state bloccate su Twitter da un Veronesi ormai messo all’angolo che si è proprio sprecato con le scuse

Mi hanno insegnato che le scuse vanno accettate. E dunque sì, accettiamole queste scuse. Ma dico, era necessario dover arrivare a chiedere scusa per una idiozia del genere, per una parola che poteva essere evitata, per un appellativo inutile, un appellativo che mai, per nulla al mondo, potrà descrivere una persona? Che sia donna, uomo, bambino, scimmia o invertebrato. I chili di troppo sono una tentazione evidentemente troppo forte ad esprimere un giudizio e io, onestamente non ho mai capito perché. Perché l’unica cosa a cui penso, da persona che la vive in prima persona, è la salute, e il combattere per stare bene con se stessi e per non diventare schiavi di quelle convenzioni sociali che stanno facendo ammattire un sacco di persone.

Siamo nel 2015, eppure ancora adesso quando entri in un negozio e chiedi di provare una 46, perché esposte ci sono solo 38 e 40, ti trovi di fronte a sguardi compassionevoli, abbassamenti di voce improvvisi, risposte tipo “Nooo mi spiace, noi vestiamo massimo una 44”. Il risultato è che troppo spesso chi porta una 46, o di più, entra in crisi e si convince che magari qualcosa di sbagliato alberga nella sua persona, si convince che è meglio smettere di mangiare, sacrificarsi a diete assurde, senza consultare un medico, perché, beh, perché è imbarazzante. Alla soglia dei 29 anni se un emerito sconosciuto o un Veronesi qualunque dovessero venire da me a dirmi che sono una cicciona, mi verrebbe da ridere, ma non per tutte quelle stronzate (ops, mi è scappato di nuovo) che leggo e sento spesso dell’orgoglio curvy e del diritto di essere come si vuole, mi verrebbe da ridere perché crescendo, grazie a dio, ho imparato che a definire una persona ci vuole ben altro che un aggettivo denigratorio rivolto all’aspetto fisico. E dunque, beh dunque tutti quelli che dando della “cicciona” credono di esprimere un giudizio, non meritano nemmeno un briciolo del mio tempo e della mia attenzione. Clio Zammatteo, come accennavo, ha un ruolo “sociale” in quanto seguita da milioni di persone, giovanissime in primis, e in tal senso ha fatto bene a reagire con determinazione e un pizzico di ironia, con la speranza però che adesso non si torni a giocare con altre espressioni quali “orgoglio curvy” di cui accennavo poc’anzi.

Mi sto addentrando in un terreno scivoloso, lo so. Forse sarebbe meglio fermarsi. Fermarsi a ricordare di tutte quelle persone, specialmente uomini ahimè, che ho incontrato nel mio percorso e mi hanno lasciata basita, perché in me cercavano affetto (o forse altro) lamentandosi della fidanzata ossuta e troppo ossessionata dalla moda, ma che poi non hanno mai avuto il coraggio di portarmi anche solo a bere un caffè in centro. Sia mai incontrare qualcuno. Il chilo in più non è socialmente accettabile ed è solo colpa di chi ce l’ha, il chilo in meno, quando diventa troppo evidente, è una malattia da curare. Questa differenza nel considerare e trattare i problemi di alimentazione e peso non l’ho mai capita, mai la capirò forse, devo ancora trovare qualcuno in grado di spiegarmela.

Nel frattempo mi auguro sempre che prima o poi qualcuno organizzi una vendita speciale di cervelli, le vendite potrebbero andare alla grande, così come vanno alla grande le vendite delle taglie 46 (e oltre).

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